La chiesa

La nascita

Negli anni ’50 del XX secolo il rione Bolgher nella periferia sud di Trento, in seguito denominato Bolghera, era disseminato di case, ville, palazzi e tanto verde; vi abitavano dalle 500 alle 600 famiglie. Per unire gli abitanti e creare un punto di aggregazione era necessario costruire una chiesa, anzi erigere una parrocchia. Ma dove costruire tale chiesa?
Dopo lunghe trattative fu deciso di fabbricarla tra via Bolghera e via Gorizia. Mons. Pietro Rensi (Besenello 1880 – Trento 1967) regalò circa 2.800 metri quadrati di terreno, il quale, aumentato con altre compere, raggiunse l’area di 6.000 metri quadrati. Là, a Dio piacendo, sarebbe sorta la chiesa di S.Antonio secondo il progetto ideato dall’ingegner Giovanni Lorenzi (Lavis 1901 – Trento 1962), progettista anche del Grand Hotel Trento. A questo punto la Curia Tridentina ricercò la persona più adatta a seguire l’iter burocratico e quindi i lavori dell’erigenda chiesa di S.Antonio. Venne incaricato don Randolfo Sottopietra, grazie anche alla sua esperienza pregressa nell’erigere a parrocchia San Rocco, a Nave Sam Rocco.

Don Sottopietra si diede subito da fare in maniera decisa visto che i tempi per realizzare il tutto erano molto ristretti. Il 1956 fu un anno molto intenso e don Sottopietra decise di dedicarsi esclusivamente alla realizzazione della chiesa di S.Antonio e delle collegate costruzioni parrocchiali.

Nel luglio 1956 si iniziarono i lavori per la costruzione della canonica e dell’oratorio; successivamente, nel dicembre dello stesso anno, cominciarono gli scavi delle fondamenta della chiesa vera e propria, non appena venne approvato, in data 3 dicembre 1956,  il progetto del Lorenzi di una costruzione in stile gotico – moderno, alta 25 metri, lunga 51,3 metri e larga 24,8 metri. I progetti esecutivi seguiranno nel corso del 1957.

Il progetto approvato evidenziava, oltre alla chiesa così come oggi la vediamo nella sua struttura muraria, la costruzione di un campanile che avrebbe dovuto avere una base quadrata con lato di 5 metri e un’altezza di 38 metri, e che sarebbe dovuto  sorgere tra l’attuale sacrestia e l’entrata della canonica. Inoltre era stata ipotizzata anche la costruzione di una cripta, ovvero una propria chiesa sotterranea, sotto l’attuale altare maggiore, ampia circa 140 metri quadrati. Ambedue queste edificazioni non vennero però realizzate principalmente a causa della mancanza di fondi.

I lavori di scavo per l’erigenda chiesa continuarono, ad opera dell’impresa costruttrice Bernardi, nei mesi di gennaio e febbraio del 1957 e il 19 marzo dello stesso anno venne posta, con cerimonia solenne, la posa della prima pietra della chiesa, con l’intervento e la benedizione dell’allora Arcivescovo di Trento, monsignor Carlo de Ferrari.

Nel frattempo anche i lavori della canonica e del teatro proseguivano senza posa e, nell’attesa dell’ultimazione della chiesa, venne fatta richiesta di poter celebrare messa nella cappella provvisoria … che non era altro che il salone – teatro del vecchio oratorio. Il 3 aprile 1957 la Sacra Congregazione dei Sacramenti esaudiva la richiesta di celebrazione della messa e di custodia dell’Eucaristia nella cappella provvisoria e, in data 1° maggio 1957, con decreto n° 1275/55, a firma di monsignor Carlo de Ferrari, avveniva l’erezione canonica della parrocchia di Sant’Antonio di Padova, derivante da quelle di San Vigilio e San Giuseppe.

L’edificio della chiesa era la più grande ed massiccia struttura del complesso. All’interno l’occhio veniva colpito da una navata lunga 30 metri e larga 15 metri, fiancheggiata dalle cappelle alte 4,20 metri. La facciata in stile gotico si innalzava maestosa e due file di finestrelle alte e strette, simili a colonnine, fregiavano in alto e in basso le due facciate laterali, rischiarando tutta la chiesa.

Nel 1957 don Sottopietra ordinò allo scultore del legno Viktor Moroder (Ortisei 1909 – 1958) le formelle in legno della Via Crucis, e in seguito, ad un altro scultore gardenese, il maestro d’arte Ermanno Moroder, il grande Cristo crocifisso in legno di tiglio, scolpito, sagomato e verniciato, alto 4.15 metri posto su una croce latina liscia alta 8 metri, splendido colpo d’occhio che sovrasta l’altare maggiore.

 

Il 13 e il 14 marzo 1959 si tennero due serate nelle quali avvenne l’apertura della chiesa in forma privata. La nuova chiesa era agibile, ma tutto era da rifinire e da completare: banchi, confessionali, e molte altre cose erano del tutto provvisorie. Durante il ’59 , seppur lentamente, i lavori di rifinitura continuarono e il 9 maggio 1960 monsignor Carlo de Ferrari, con decreto n° 5928, sanciva lo smembramento dalla chiesa matrice, la Cattedrale di Trento, del territorio delineato dai seguenti confini: via Vicenza, stradone della Frica, Salè, Ferrovia della Valsugana (nel tratto corrente tra le stazioni di Povo e Villazzano), rio Manci (discendente a est del capitello Regina Pacis) e l’aggregazione di tale territorio alla parrocchia di S. Antonio in Trento. I confini verranno poi ridefiniti con piccole modifiche negli anni seguenti.

Nel 1963, mentre continuano le rifiniture della chiesa e degli edifici parrocchiali, si completò la nuova strada che unisce via Gorizia con via Gocciadoro, che in un primo momento venne indicata come via Desiderio Reich, e solo successivamente, via S. Antonio, com’è tuttora. E ancora nello stesso anno l’interno della chiesa si arricchì con lo splendido affresco della figura di S. Antonio di Padova, dipinto dal valente pittore Marco Bertoldi (Lavarone 1911 – Trento 1999) con il classico giglio, simbolo della purezza, che non è tenuto in mano dal Santo, che invece porta tra le braccia ben altra purezza: il piccolo Gesù Bambino. Lo si può ammirare sulla parete a destra del presbiterio, sopra l’altare laterale dedicato alla Madonna.

La chiesa sembrava essere completata, ma nel 1964 il tetto si dimostrò assolutamente inadatto, specialmente nel periodo delle piogge, poiché si evidenziarono macchie di umidità nella navata. Il tetto verrà quindi cambiato, tuttavia dapprima si effettuò qualche rappezzo che si rivelò inutile e pertanto si provvide al totale rifacimento senza peraltro risolvere definitivamente tutti i problemi.

Nel 1973 la chiesa era ormai finita, ma mancava ancora qualcosa, qualcosa che sanciva il riconoscimento della personalità giuridica della chiesa parrocchiale di S. Antonio di Padova in Trento: si provvide, con il decreto n°450 del Presidente della Repubblica, il 18 aprile 1973. La parrocchia veniva quindi riconosciuta a pieno, anche come ente giuridico.

Durante gli anni di costruzione della chiesa la comunità ebbe la sua importanza, oltre a quella dimostrata perennemente da don Sottopietra e dal parroco don Antonio Filosi (Praso 1924 – Trento 2016), e si fece sentire presente concretamente, anche grazie alla disponibilità e generosità di alcuni parrocchiani che offrirono denaro, mano d’opera, statue e altari per le chiesa.


Descrizione architettonica

L’edificio, orientato a est, si sviluppa su un’unica navata a pianta rettangolare con asse maggiore longitudinale e presbiterio rettangolare. La facciata, a due spioventi, è tripartita da due lesene in cemento armato ed è preceduta da un portico a tre luci, eminente, rialzato su due gradini.

Sotto il portico, in corrispondenza di ogni apertura si collocano tre accessi alla chiesa; ai lati del portico si aprono due finestre ottagonali. La facciata è completata in alto da una finestra a profilo pentagonale, schermata da una griglia.

 

I prospetti laterali, organizzati simmetricamente, presentano una soluzione a due corpi determinata dall’emergere in basso dei volumi delle cappelle laterali. Le fiancate sono scandite sui due livelli da sei lesene cementizie raccordate in alto a coppie di travi affrontate, determinanti una successione di cinque settori con attacco al cielo a due spioventi. I livelli inferiori sono organizzati in forma di porticati ciechi. Nel livello superiore si aprono due ordini di finestre rettangolari e pentagonali schermate da griglie a bande verticali:

 

L’interno è organizzato in un’unica navata, ritmata da sei coppie di lesene rastremate verso il basso e raccordate in alto a coppie di travi sostenenti volte ottopartite. Lungo i lati si aprono otto cappelle simmetriche, inquadrate da aperture a due spioventi, disposte in corrispondenza della prima, seconda, quarta e quinta campata.

Il presbiterio, rialzato rispetto al resto della fabbrica, presenta la medesima articolazione dei prospetti laterali. Rialzato su quattro gradini, reca un rivestimento lapideo a due colori (rosso al centro e bianco ai lati).


Sant’Antonio di Padova
Nato a Lisbona nel 1195, il giovane portoghese Fernando Martins de Bulhões, il futuro Sant’Antonio, all’età di quindici anni, decise di entrare a far parte dei Canonici regolari della Santa Croce dell’abbazia di San Vincenzo di Lisbona. Si trasferì poi nel monastero di Santa Croce di Coimbra, dell’Ordine dei Canonici regolari di Sant’Agostino, deve ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1219, a 24 anni. L’idea di farsi frate scaturì a seguito dell’incontro con alcuni dei primi francescani, cinque italiani missionari in partenza, pare da Coimbra, per il Marocco dove, poco dopo il loro arrivo, subirono il martirio. Infiammato dal loro esempio volle seguirne le orme missionarie diventando francescano con il nome di Antonio. Nel 1220, partì a sua volta per il Marocco, ma arrivato in Africa si ammalò gravemente. A questo punto si vide costretto al rientro in Portogallo, ma una furiosa tempesta costrinse la sua nave a cambiare rotta e nella primavera del 1221 naufragò sulle coste della Sicilia. Soccorso da alcuni pescatori fu condotto nel conventi dei frati di Messina, che lo accolsero e gli fecero riacquistare il vigore perduto. Gli annunciarono che Francesco, il fondatore dell’Ordine, li aveva convocati ad Assisi per il grande raduno di tutti i frati del tempo, circa 3000, raduno in seguito denominato Capitolo delle Stuoie perché i numerosi frati si erano costruiti capanne di stuoia. Frate Antonio partì dunque in cammino con i frati di Messina risalendo a piedi l’Italia fino a giungere ad Assisi, dove per la prima volta incontrò Francesco. Terminata l’adunanza, il giovane portoghese si aggregò a un gruppo di frati romagnoli e rimase con loro nell’eremo di Montepaolo. Chiamato a predicare nella cattedrale di Forlì, si rivelò essere un grande e appassionato comunicatore di Dio. Da allora, animato dallo Spirito, si è fatto conoscere e apprezzare come grande uomo di Vangelo e carità, amico di Dio e amico degli uomini, soprattutto dei più poveri, tanto da rimanere ancora oggi nel cuore di tutti, conosciuto in ogni angolo del mondo con il nome di Sant’Antonio di Padova. E’ Padova infatti che custodisce la memoria e le spoglie mortali del Santo dove nel 1231, poco prima di morire, all’età di 35 anni, chiese di essere tumulato.
Sant’Antonio di Padova è festeggiato dalla Chiesa il 13 giugno, giorno della sua morte.